Sin dall’inizio del IV secolo a.C., i Romani hanno unito varie leggende della fondazione di Roma nella più nota vulgata: i gemelli abbandonati, figli di una Vestale, cresciuti da un pastore, e alla fine il fratello maggiore, Romolo, diventato fratricida. A differenza della maggior parte di tali leggende, il racconto delle origini di Roma presenta molti elementi anomali, soprattutto se confrontati alla simbologia di stato: Roma è stata la prima civiltà con una ricchezza simbolica, tale da creare un sistema politico coerente e indipendente da una religione di stato. Partendo da elementi basilari e primordiali – il corpo, la distanza, l’orientamento geometrico – hanno modellato una struttura simbolica in grado di esercitare un efficace controllo politico.
Una tale “Pax Romana” idealizzata si oppone alla vulgata delle varie leggende di Romolo e Remo. Perché i gemelli sono presentati illegittimi? Perché al loro presunto padre è stata attribuita un’origine ‘orientale’ e dunque ‘debole’ e ‘inferiore’? Com’è stato possibile che abbiano navigato contro la corrente del Tevere, allorquando la loro madre li abbandonò ad Alba Longa? Perché la storia insiste sull’adozione offerta da un pastore miserabile e sposato a una prostituta? Perché sono presentati come due fanciulli ladruncoli e violenti? Persino gli dèi sembrano non poter impedire il conflitto che porta all’uccisione di Remo e alla distruzione della sua città, Remuria.
Tre secoli dopo l’apparizione delle prime tracce della loro legenda nella letteratura, Virgilio risponde alla richiesta dell’amico Ottavio Augusto con una nuova versione della fondazione dell’impero. Sebbene divinizzi il lignaggio dei Giuli, rinuncia però all’opportunità di presentare una storia gloriosa della nascita dell’impero. Infatti, Virgilio sceglie di conservare la gran parte delle metafore sordide e ignominiose dell’antica leggenda. Se Remo avesse invece ucciso Romolo, né Roma né Remuria sarebbero potute sorgere sul Tevere. Remo doveva morire! La conferenza avanza un’ipotesi per spiegare perché i Romani hanno perseverato nel presentarsi come discendenti di tal gemello spregevole.
18 Gennaio 2018, 18:00 Entrata libera
Istituto Italiano di Cultura di Montreal
1200 Av. du Dr Penfield
Conferenza in lingua italiana
Guy Lanoue è Direttore del Dipartimento di Antropologia dell’Université de Montréal dal 2014. Professore ordinario di antropologia culturale e sociale, il suo lavoro si concentra sulle strutture dell’immaginario (invisibile e indicibile) in tutte le sue forme. I suoi principali ambiti di ricerca sono la Mesopotamia (scambio interregionale nell’epoca sumerica e accadica), le donne come simboli della comunità e nella trasmissione della cultura (Italia), la mitologia e l’arte indigena e la letteratura angloamericana. Oltre ai progetti sui musei italiani e sui centri commerciali di Montréal, lavora attualmente sull’idea della città mediterranea e, presto, tratterà l’importanza semiotica della natura nel pensiero politico-culturale italiano.
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